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Avanzi di dicembre

(pagine di diario)



20 dicembre 2009 - La confusione è giunta al culmine con l’arrivo della neve, troppa! Come pure troppo basse le temperature ed insieme un mix terribile.
Già prima di sera lo strato caduto si era solidificato in ghiaccio, disponibile in varie versioni, dalla lunga stalattite, che pendeva dallo scarico del balcone, a quelle appese intorno ai lampioni della via, dalla granatina fine, sull’erba delle aiuole, anche aromatizzata alla menta, scintillante e ben secca, alle chiazze di ghiaccio, celate a terra, qua e là nella penombra, subdole trappole per i piedi incerti, per le gambe stanche, per il passo azzardato di chi ancora si attarda, a caccia di improbabili cadeaux d’effetto, a prezzi accessibili.

Le piante nei vasi di coccio, che in casa soffrivano per il caldo dei termosifoni, sul davanzale ormai sono gelate. Avrei dovuto ricoverarle subito in cantina, ma non si acquistano piante ornamentali per nasconderle in cantina.
Volevo dare un poco di colore alla finestra; non mi aspettavo così tanto freddo già in dicembre.

Troppa, nella notte, anche la luce intorno, soffusa, rosata, che ruba il dominio al buio. La città è praticamente sempre illuminata, anche dove non serve. Lo stesso chiarore ovunque, dannatamente falso.
Sono insegne al neon, semafori, vetrate di palazzi con interi piani illuminati a giorno, lampade alogene per fendere la nebbia, ora radenti sulla bianca superficie, con riflessi surreali.
Anche i led fissati alla ringhiera del terrazzo, ben stretti gli uni agli altri e al filo verde che è per loro vitale, continuano imperterriti ad alternarsi, festeggiando da soli non so cosa.
No, non lo so più nemmeno io, perché ne ho visti già tanti, svuotati d’ogni senso.

Il primo che ricordo aveva semplici doni, illuminati dalle lucine di un presepe minimo.
Ero in braccio a zia Franca: mi mostrava un bambolotto che lei stessa aveva rivestito. Mi spiegava che avrei potuto lavarlo senza paura di romperlo: era magico! Una magia di nome bachelite.
A terra c’erano anche un lettino di legno ed una credenzina per i pentolini.
Le piccole luci non disturbavano la magia della notte santa, ma scaldavano davvero, come fuochi di bivacco, accesi lungo il cammino dei pastori, verso una stella appesa ad un cielo di carta, nell’attesa di qualcosa che doveva accadere.

Ora non so più e ho freddo, pur se la casa è sempre calda.
Mi manca l’amoroso abbraccio di zia, di mamma, dei nonni, fuggiti altrove, non per loro volontà.
Ma quell’altrove inquietante non rimanda le loro voci fin qui.
E non ho mai trovato un blu più intenso di quel cielo di carta, sospeso sul presepe, a mediare il distacco.


[07/01/2011]