CRITICO I CRITICI
RIAPPROPRIARSI DELLA PAROLA ATTRAVERSO LA RETE
di
Salvatore Armando Santoro
Se la poesia é espressione e sintesi di un sofferto rapporto interiore che l'artista, poeta o narratore che sia, traduce poi in elaborati (poesie o racconti) che egocentricamente produce e diffonde, sbalordisce il fatto che molti critici si sforzino, oggi, di imprigionare la produzione letteraria moderna all'interno degli schemi e delle correnti letterarie esistenti ricercando una loro collocazione nei vari movimenti espressivi e poetici che si sono succeduti nel tempo in Italia e nel mondo.
Questa distinzione (Italia-mondo) a mio avviso non può essere ignorata e costituisce la base di partenza di ogni dibattito culturale che critici, associazioni o gruppi spontanei dovrebbero tenere ben presente prima di emettere "sentenze" e “giudizi”
Chi scrive generalmente esprime emozioni. Queste sono generate e legate ad avvenimenti reali, a situazioni di disagio interiore dell'uomo, a crisi collettive, a esplosioni di speranza.
Sì, la speranza é il motore che spinge l'uomo della strada, e quindi non necessariamente il poeta dei circoli letterari, a prefigurare un mondo migliore, una vita più vivibile, migliori rapporti tra le persone e la fine degli egoismi.
Le parole dell'uomo qualunque sono infarcite di sogni, di amore, di speranza.
Le parole del poeta quanto e come si distinguono da quelle dell'uomo di strada?
Certamente il senso intrinseco di comunicare é identico. Il primo nell'esprimere un concetto ricama intorno i suoi sogni, le sue repressioni, le sue insoddisfazioni, le sue preoccupazioni, la sua speranza.
Ma l'uomo di strada non esprime le identiche preoccupazioni?
Probabilmente, sì. Ma il poeta dipinge le sue emozioni e li colora con il sentimento che il cuore gli suggerisce ed i suoi pensieri cessano di essere espressioni comuni e correnti e si trasformano in poesia, in lirica.
Ecco la differenza.
Ed allora bisogna partire da questi presupposti e dal bisogno di comunicare certe emozioni che sono comuni ad un esercito composito di persone che, oggi, riescono attraverso la rete virtuale a confrontarsi ed a scambiare i loro pensieri al di fuori di schemi letterari predefiniti e senza imprigionare questi sentimenti e le loro liriche in un contesto accademico da catalogare per correnti o per periodi storici a cui loro, nel momento in cui sviluppano le loro emozioni, neppure pensano.
Forse la rete, con il suo esercito di individui che si muove scompostamente al suo interno, dovrebbe essere la base di partenza di ogni critica.
In rete vengono immessi ogni giorno centinaia di emozioni sotto forma di versi e racconti.
Molti di quelli che scrivono, con molta probabilità conoscono appena il Carducci e la sua opera od il Pascoli ed i suoi versi, non sanno neppure come e quando si sia sviluppato il filone letterario del verismo o del decadentismo e quali autori ne hanno fatto parte, non conoscono forse neppure Ungaretti o Montale e sicuramente ignorano l’esistenza degli altri poeti della corrente dell'ermetismo. Giorni indietro ad un mio interlocutore ho dovuto spiegare chi era Luzi e cosa ha rappresentato il suo “poetare” per la poesia italiana e per il pensiero culturale moderno.
Coloro che scrivono lo fanno per una sorta di bisogno interiore di liberarsi di pensieri che li opprimono e che poi cercano di condividere, attraverso la rete, con un esercito di persone che si esprimono con il linguaggio universale della poesia che non può essere assolutamente catalogato per correnti perché sarebbe fuorviante e incomprensibile per loro.
E poi che senso può avere questa folle corsa alla catalogazione dal momento che coloro che seminano i loro pensieri e le loro emozioni in rete lo fanno indipendentemente dal fatto che un ristretto circolo di accademici possa poi catalogare quei pensieri e quelle emozioni come appartenenti ad un preciso periodo o filone letterario quando il loro intento si limita solo a lanciare un segnale, a liberare un pensiero, ad esprimere una motivazione o un momento di disagio del proprio essere?
Insomma é più interessante la necessità di dire qualcosa oppure di catalogare questo qualcosa in una determinata corrente letteraria, imprigionando i concetti espressi negli schemi di un determinato periodo storico per confrontarne stile e metodo letterario a cui l'autore, nel momento in cui ha espresso certi suoi pensieri, neppure pensava?
L'esercito dei dilettanti che affolla la rete spesso esprime convincimenti ed opinioni che sono slegati da qualsiasi schema letterario. La metrica, la composizione, l’estetica, la corrente artistica, sono teorie che non li riguardano. Per certi versi é una sfida alla “burocrazia letteraria” che consente ad alcuni “eletti” di affermare il proprio potere di “supervisori” per catalogare, criticare, giudicare, distruggere, esaltare, ecc... e poter dimostrare così che senza la loro opera la letteratura non potrebbe più esistere.
Ma se la rete mette in discussione o, addirittura, ignora questo intermediario che si ritiene legittimato a giudicare il pensiero altrui, il critico letterario e gli accademici entrano in crisi e si scoprono come un esercito di individui in ombra ed i loro giudizi o le loro critiche lasciano completamente indifferenti la maggioranza dei navigatori dilettanti che ogni giorno si materializzano in rete per comunicare i loro pensieri, le loro emozioni od i propri disagi interiori certi che troveranno altri navigatori che condivideranno ed apprezzeranno questo loro modo di porsi in discussione e di comunicare, senza doversi preoccupare di dover rispettare certi metodi di composizione letteraria o necessariamente essere intruppati in questo o quel filone letterario, in questo o quel determinato periodo storico della letteratura italiana o mondiale che, sicuramente, interessa
solo questa ristretta cerchia di “burocrati letterari” che parlano un linguaggio incomprensibile alla grande massa dei cultori della poesia che affollano la rete e che sono spesso oggetti inconsapevoli di speculazione proprio da parte di alcuni di questi pseudo-accademici che sfruttano le ambizioni e le debolezze umane per concretizzare i loro affari che, sovente, si traducono in ambigue operazioni commerciali che con la cultura e la diffusione del pensiero nulla hanno da spartire.
Sotto questo aspetto sicuramente la rete sta livellando e ridimensionando queste figure.
Per qualcuno può sembrare motivante e gratificante il premio conquistato in uno dei tantissimi concorsi letterari che giornalmente vengono organizzati in Italia.
Impressionante, infatti, é il numero delle persone che vi partecipano e spropositato é anche il giro di affari che alcuni speculatori locali, che giocano sui sentimenti umani, realizzano.
E questi profitti sovente sono sottratti anche ad ogni controllo fiscale e producono anche ricchezza a molte case editrici che proprio attraverso la rete lanciano proposte allettanti per pubblicizzare spesso opere prive di qualsiasi contenuto culturale e che non verranno mai lette da nessuno se non da colui o da coloro che si sono fatti abbindolare e convincere a stampare.
La rete, invece, si sottrae a questo turpe mercato. Pubblica i tuoi pensieri, diffonde il tuo grido di dolore o la tua denuncia sociale e poi aspetta che qualcuno si impigli e si ritrovi in quello che tu hai scritto o hai voluto comunicare.
E qual è, dunque, la necessità di classificare tutto ciò in un determinato periodo storico o in una definita corrente di pensiero? Interessa il contenuto di quello che si esprime oppure la classificazione epocale o scolastica del cattedratico?
Certo ascoltare il letterato su una cattedra fa piacere. Sentirsi dire che anche il Carducci ha espresso certi concetti ci coinvolge. Acquisire che quel metodo di scrittura é tipico del periodo rinascimentale o illuminista può riempirci di orgoglio. Il fatto che quei quattro versi buttati in fretta e senza senso preciso, se non la convinzione che in quel momento esprimono un disagio interiore, possono essere catalogati nella corrente del misticismo di Yeats o di Eliot degli anni '30 o in quella dell'ermetismo italiano degli anni ‘30 e ’50 (che ebbe poi in Sereni e Luzi gli ultimi rappresentanti italiani di questo filone letterario) ci può riempire di soddisfazione.
Ma nei comuni dilettanti resta la convinzione reale che le motivazioni di quello che abbiamo scritto, o voluto comunicare, rimangono slegate da qualsiasi proponimento di volerci collocare in questa o quella corrente letteraria, di volerci accreditare come seguaci o cultori di questo o quel preciso stile letterario di composizione.
Quello che conta è il bisogno di scrivere e di comunicare e l'ermetismo sicuramente rappresenta la corrente storica e culturale in cui molti a loro insaputa si ritrovano perché espressione proprio di questi valori: il rifiuto della classificazione scolastica ed accademica ed il trionfo della poesia come espressione del linguaggio anche se il rischio di staccarsi troppo dalla realtà può produrre poi il risultato di restare indifferenti alle degenerazioni della società civile rifiutando anche di esprimere le proprie opinioni politiche che, in certi particolari momenti, sono invece necessarie per fermare la deriva populista o conservatrice che certi movimenti politici racchiudono in grembo.
Significativa sotto questo aspetto è stata la denuncia dei poeti del periodo post-bellico (che si riconoscevano nel filone dell’ermetismo come cultura più che come corrente ben definita). Questi avevano preso coscienza che l'aver sottovalutato con il disimpegno culturale il pericolo che il fascismo avrebbe potuto rappresentare per la libertà di espressione nel nostro paese era stato un prezzo troppo alto che era stato pagato da molti intellettuali democratici che erano stati privati dal regime di ogni possibilità di esprimere in piena libertà idee e concetti se non funzionali alla cultura dominante e tale errore non bisognava più ripeterlo in futuro.
Questi concetti li ritroviamo di scottante attualità anche in molti scritti di Mario Luzi ed in certe sue denunce recenti, espresse anche a livello politico nel corso della sua investitura a Senatore della Repubblica, che hanno fatto arricciare il naso ai politici del centro destra.
Forse, involontariamente, anche noi esprimiamo delle rappresentazioni concettuali di parte e rischiamo di farci catalogare. L’unica differenza sta nel fatto che quello che noi manifestiamo è frutto della nostra spontaneità e le teorie che sosteniamo non hanno un retroterra filosofico o una matrice politica o culturale ben definita.
Per certi versi sono figli dello spontaneismo e dell’esistenzialismo che caratterizzano soprattutto i poeti non professionisti e non cattedratici che, comunque, non si accorgono di collocarsi in questo o quel determinato filone letterario in quanto il pensiero che li anima è quello di dare spazio alla parola come mezzo di comunicazione slegata dagli schemi di catalogazione dei letterati di professione.
E l’ermetismo vuol dire anche questo.
Pertanto, la convinzione della necessità dello svincolo del poeta da ogni schema concettuale e la necessità di una libertà incondizionata ad esprimere compiutamente il proprio pensiero e le proprie emozioni deve partire unicamente da queste condizioni. Solo casualmente, poi, potrà essere catalogato nel branco di coloro che certe convinzioni le hanno trasformate in correnti di pensiero politico oppure in un preciso stile o filone letterario.
[Boccheggiano, 14 Luglio 2005]
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